destionegiorno
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Pensionata dal 2010, faccio tutto quello che per mancanza di tempo non potevo fare. Mi piace scrivere, la poesia come la fotografia, pittura e scrittura, sono per me liberazione della mente. Chi scrive prima o poi vuole mettersi alla prova. E' successo anche a me e fino al 2013 ho partecipato ... (continua)
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IO SONO MIA X...
Io sono mia, gridavano le femministe
sommerse sovranità
scalpitavano su tacchi bassi e occhi innalzati.
E dopo trenta anni di pensieri febbricitanti
dopo lo spartirsi del maschio
metà per uno
e lo sfaldarsi dei... leggi...
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Di che colore è la tua ansia?
- Grigia, è solo ombra.
Quando arriva?
- È mattiniera, all’alba con un miagolio
confuso con quello del mio gatto.
Arriva da sola?
- Qualche volta con l’amore
qualche altra con la paura.
Resta a lungo?
- Il tempo di... leggi...
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Camminano in disparte
desiderando palcoscenici.
Hanno ricevuto un numero grigio
alla gara podistica della vanità
ansiose bevono sguardi
pregano illuminazioni.
Sono carne asciutta
dicono qualunque cosa
scrivono ricordi minimi
e respirano... leggi...
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Circonvoluzioni nella testa e nella pancia
l’una è l’eco dell’altra.
Mi scuote i visceri il suo pensiero.
A volte si muore per futili motivi:
una telefonata che non arriva
un volume alto
il rifiuto per un parcheggio di pace.
Non c’è giustizia... leggi...
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Dormivo
i finestrini erano oscurati
mi sono ritrovata così
a una fermata sconosciuta
per reinventarmi la vita.
Dentro... leggi...
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Nel parco silente
apparve solitudine,
biancore di mandorlo.
Strascicava i piedi
trascinando brandelli
ombre
ormai lontane.
Un cane la vide
e unico, la seguì.
Avevano la stessa
infinita fame, ancora
piccole stelle fra gli occhi.
Li... leggi...
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Si è depositata lentamente
come polvere
quella lieve indifferenza
ha imbiancato cuori e mente
paura degli... leggi...
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Una pietra grigia
fu una notte il mio guanciale.
Lì, riposai
tra il volo basso e infuocato
delle civette.
Avvolta dall’odore
di fieno verde e morte
il vento fu il mio abito nuziale.
Brillavano i miei occhi
come gatto in agguato
in una notte... leggi...
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Un giorno ti racconterò di un vento caldo
che piegò i fusti alti del mais
dei chicchi srotolati nella mano
che lanciai forte nella terra
sperando in nuova vita.
Ti dirò delle mie ginocchia sbucciate
cadute flesse in un pianto senza fine
per un... leggi...
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Spezzavamo il pane
e il dolore insieme
sicura camminavo nella vita.
Poche carezze mi avevano forgiata
il tuo rifugio non era sempre miele
spesso ombra fitta e biasimo,
ma anche davanti alla morte
trovai il tuo cibo.
Oggi Il tempo dei rifugi è... leggi...
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Forse un giorno
avrà compassione
il rimorso macchierà
il suo cuore, o forse
il pugno alzerà di nuovo
colpendo un uomo.
La crudeltà di mente
non vede mai il sole,
impera il dualismo
in anime oscurate.
Batte forte il cuore
copre il tuo guaire... leggi...
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– Mamaaa! Lolana lamapià lanus dal persi... – Lè no vera! Giuanen lè fals, lanus lé la mia. – Ades arivi mi. Giuanen, piansa pù. – Dam lanus, Rosana. – Ma Rita, lè lamia… mamaaaa! – Saghè da vusà Rosana? – Mama, la Rita lamvò purtà via lamenus! – E dagla stanus, epo vechì, tnadò un’ altra. E calsia tut finì. Rusè no par nient, seno atdò un casuton, té capì? – Lera mei slà ciameva nò. Morire slà mdà rason. – Giuanen di persi, vem a truà, gò una gamba ruta e l’ altra sassinà. – Mamaaa! Lolana lamdisa che so un assasen! Mamaaaa…
Ricordo questi piccoli screzi fatti con Giovanni, amichetto d’ infanzia dai 2 agli 8 anni. Allora si litigava per un nocciolo di pesca usato al posto delle biglie. I noccioli rotolavano ugualmente nel terreno dell’ orto scavato con un ramo, lui da una parte e io dall’ altra. L’ intesa però fini quando vi fu la conta degli stessi. Sua madre stravedeva per il suo Giovanni, gli dava sempre ragione, ma io mi vendicavo a volte con una filastrocca, dal senso travisato e pungente (il verme delle pesche veniva chiamato giuanen). Mi rallegrava vedere la sua rabbia e quella di Giovanni. Mia madre era meno accomodante e tendeva sempre a farmi cedere, Ricordo ancora oggi il suo detto: chi ha cervello lo usi. Peccato non averla ascoltata sempre.
Era il 1953, abitavamo in una piccola frazione dell’ Oltrepò. Eravamo due famiglie, vicini di casa in armonico equilibrio. Poi si trasferirono e non ci incontrammo più. In questi giorni, un articolo su un quotidiano parlava di Giovanni, ne tesseva le lodi e ne riportava la scomparsa. C’ era la fotografia, la stessa espressione dolce e accattivante di quando era piccolo. Forse la stessa convinzione di subire un’ ingiustizia ma che nessuno questa volta, potrà lenire. Questo mostro dal nome nobilitato da una corona è onnipotente e non perdona. Nemmeno per il quieto vivere. Traduzione: GIOV. -Mammaaa, Rosanna mi ha preso il nocciolo della pesca. ROS, -Non è vero, Giovanni è bugiardo, il nocciolo è mio. RITA – Adesso arrivo io, Giovanni, non piangere più. Dammi il nocciolo Rosanna. ROS. -Ma Rita, è il mio! Mammaaa. MAMMAROS. – Cosa c’è da gridare Rosanna? ROS. – Mamma la Rita mi vuole portare via il mio nocciolo. MAMMAROS – E daglielo sto nocciolo, e poi vieni qui, che te ne do un’ altro, e che sia tutto finito. Non litigate per niente, se no ti do uno scapaccione, hai capito? ROS. – Era meglio se non la chiamavo, morire se mi da ragione una volta. Giovannino delle pesche, vienimi a trovare ho una gamba rotta e l’ altra assassinata...
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.
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«Sua madre stravedeva per il suo Giovanni, gli dava sempre ragione, ma io mi vendicavo a volte con una filastrocca, dal senso travisato, ma pungente (il verme delle pesche veniva chiamato giùanen).
Mi rallegrava vedere la sua rabbia e quella di Giovanni.» |
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